Le attività commerciali più diffuse a Sant’Angelo sono soprattutto quelle legate all’agricoltura e al bestiame e queste si sono sempre svolte sotto le mura. I sensali sono figure importanti nelle contrattazioni e con una etica del comportamento che ancora contraddistingue diversi longevi del paese: la stretta di mano segna la fine della contrattazione e la definizione del patto sulla parola, che non viene  mai cambiata. 

Le fiere e i mercati sono molto antichi e molto importanti a Sant’Angelo e in tutta la zona. Dal Medioevo e fino a tutto il settecento queste manifestazioni sono l’unica occasione in cui la porta del castello viene aperta con maggiore elasticità. Infatti di solito gli abitanti possono uscire solo per andare a lavorare e per l’Ave Maria e devono rientrare presto altrimenti sono previste multe ma, ancor peggio, si rimane fori tutta la notte; gli abitanti degli altri castelli sono considerati forestieri e non possono entrare. Durante le fiere e i mercati, invece, che comunque si tenevano fuori del castello, il movimento è meno rigido e la porta resta aperta; sono dunque le uniche occasioni di incontro e scambio sia commerciale che umano. 

E’ alla prima metà del ‘600 che si può far risalire l’istituzione della fiera. Nel 1638 il conte Mamiani comunica al consiglio di voler “nobilitare il suo castello con il mercato per attirare il concorso di gente a detto mercato”. La peculiarità sta anche nel fatto che non sono previsti dazi o gabelle e che tutti possano comprare e vendere liberamente. Il consiglio accetta la proposta “ senza alcuna discrepanza”, anche “per giovare ai cittadini che ànno grano da vendere, et biada, come anche per tirare che venghi grano forestiere in questa piazza”. 

Camminando lungo le mura del paese ancora oggi è possibile vedere gli anelli a cui venivano legati gli animali.

Quaranta anni dopo il mercato si trasforma in fiera: ogni primo di settembre si istituisce la fiera di Sant’Egidio perché proprio nel 1648 i Lapi, tra i consiglieri che hanno approvato il mercato, costruiscono la chiesa di Sant’Egidio. 

Il primo di settembre ma non c’è più la fiera del bestiame e il mercato del  lunedi  è molto ridotto; fino a pochi anni fa la ricchezza di bancarelle  invadevano via Roma e  la strada sotto le mura.

E’ interessante notare che, proprio perché importanti per l’economia di questi paesi, quando si voleva istituire una fiera ogni paese doveva chiedere il permesso alla autorità centrale ma anche il nulla osta agli altri paesi, per non accavallarsi e nuocere alla economia. 

Come tradizione anche le feste più recenti si sono tenute lungo le mura. 

Una delle manifestazioni più coinvolgenti è stata la Sagra del buongustaio negli anni ’70 del ‘900. Per quattro o cinque edizioni, la prima domenica di agosto uno chef stellato veniva chiamato a cucinare il tacchino alla Rossini e il mongaghino (il vitello) allo spiedo. Per l’occasione i cantanti e i gruppi più famosi del momento in Italia   animavano la serata. Tutto il paese era coinvolto nella preparazione e le ragazze avevano un compito speciale: preparavano un abito uguale per tutte ma ogni anno di  colore diverso per andare nei vari paesi e persino in spiaggia in Romagna a pubblicizzare l’evento. 

Un'altra festa, con radici antiche ma durata fino a pochi anni fa, è stata sicuramente il carnevale, per il quale arrivava gente da fuori. Questo si sviluppava dal borgo fino alla strada lungo le mura. I carri erano curati e ricchissimi, con generosi lanci di scatole di dolci ed eventi eccezionali come quello già raccontato di Marcolini che ha fatto mettere nel deposito dell’acqua litri di vino che sgorgava a disposizione di tutti dalla fontana. A conclusione del carnevale, il martedi grasso, si bruciava il “bugatton” che segnava la fine della festa e per l’occasione Antonio Gattoni detto ‘Toni pronunciava ogni anno la stessa frase di apertura assolutamente incomprensibile prima del rogo: ” Oh tu che vieni dalla lontana Terracina….”!

Lo spirito di festa e di convivialità è una caratteristica degli abitanti di Sant’Angelo, come si legge nelle poesie in dialetto di Valentina Garattoni, e ha sempre attratto gente da fuori paese per il buon cibo e il divertimento.